Simple is the new Black: un armadio perfetto in 33 pezzi
Se anche tu conservi, all’interno del tuo guardaroba, almeno un capo di
abbigliamento che non hai mai indossato, probabilmente ancora accompagnato dal
cartellino del negozio presso il quale l’hai acquistato d’impulso anni fa (e
chi avrebbe mai immaginato che sarebbe rimasto nel tuo armadio per tutto questo
tempo, senza mai vedere la luce!), non preoccuparti: pare che tu sia in ottima
compagnia, facendo parte delle 9 donne su 10 che, secondo le statistiche, non
riescono a liberarsi di abiti ed accessori mai utilizzati, continuando per
secoli a custodirli con cura come piccole reliquie sacre ed intoccabili. A
quanto pare, infatti, la grande passione per la moda e l’abbigliamento (complici
anche i saldi stracciati di fine stagione e le catene internazionali del “fast
fashion” low cost) mostra spesso di abbracciare una rischiosa tendenza
all’accumulo compulsivo che vede moltissime donne, di ogni età e nazionalità ,
collezionare con entusiasmo frenetico (o, talvolta, combattendo contro un
perenne senso di frustrazione e di insoddisfazione personale) abiti, scarpe,
borse ed accessori in quantità decisamente maggiori rispetto a quelle
sufficienti per avere sempre un look dignitoso, curato ed al passo con le
tendenze della moda.
L’accumulo compulsivo, a partire dalle sue manifestazioni più scanzonate
fino ai limiti ed ai seri rischi di una vera e propria Sindrome psicologica
dell’Accumulo, può nascere da un complesso insieme di stati emotivi e da una
storia personale ricca di mancanze e vuoti affettivi da colmare, ma al tempo
stesso può evolversi in una potente e vitale spinta interiore a liberare e
sciogliere il caos mentale, proiettando sul proprio guardaroba i conflitti della
propria mente e della propria storia di vita. Si dice che gli abiti siano “il
corpo del del corpo”, così come una sorta di “rivestimento” per l’anima, e che
comunichino gli stati d’animo più profondi di chi li indossa pur senza parlare,
solo attraverso il colore, le forme, lo stile ed i messaggi silenziosi e
latenti che un capo d’abbigliamento può esprimere al mondo esterno. Se il
guardaroba di una donna può essere considerato uno specchio delle sue
condizioni emotive, si può allora pensare che analizzarne le caratteristiche
possa rivelarsi un ottimo metodo per conoscerne a fondo la proprietaria ed, al
tempo stesso, risolvere alcuni dei suoi conflitti psicologici ed affettivi più
dolorosi. Quello di affrontare specifiche problematiche interiori, alcune
sofferenze psichiche e certi “nodi emotivi” di una donna, infatti, può
trasformarsi in un percorso profondo dai risvolti non sempre e necessariamente
dolenti e travagliati, bensì giocosi e creativi.
Il Minimalist Fashion Project 333
Può essere definito proprio così il Minimalist Fashion Project 333 ideato
dalla scrittrice e fotografa statunitense Courtney Carver, un ludico ma preciso
metodo di sfoltimento del proprio guardaroba che, attraverso la netta riduzione
del numero di capi ed accessori da indossare in ogni stagione, promette di
ridurre le tensioni e lo stress quotidiano grazie ad una vera e propria
liberazione, materiale e mentale. Lo slogan di Courtney è affascinante e
convincente: “simple is the new black”, la semplicità è il nuovo nero, e
propone un nuovo culto del “less is more”, meno è meglio, che sembra essere
molto in accordo con gli insegnamenti della rigorosa Coco Chanel, decisa
nell’invitare le donne di tutto il mondo ad osservarsi allo specchio, prima di
uscire, per eliminare almeno uno degli accessori ed orpelli indossati,
promuovendo un rivoluzionario modello di bellezza e stile all’insegna della
sobrietà minimalista. L’obiettivo del Minimalist Fashion Project, al quale la
sua autrice invita a partecipare tutte le donne stanche di un guardaroba fin
troppo confuso e rigurgitante, consiste nel ridurre il proprio armadio ad una
sorta di guardaroba capsula in 33 pezzi per 3 mesi mediante un processo che, in
inglese, viene chiamato “decluttering”: eliminare il superfluo per ottenere
spazi, concreti e mentali, più ariosi, liberi ed ordinati. Secondo la tesi del
progetto, un numero massimo di 33 capi, incluse le borse, le scarpe, i piccoli
accessori ed i bijoux, può risultare perfetto per realizzare tutti i look da
sfoggiare durante una stagione dell’anno, evitando la baraonda dell’accumulo e
le sue conseguenze in termini di spazio, ordine e tranquillità mentale.
Il progetto di Courtney, non a caso, nasce in un momento di profonda crisi
personale dovuta ad una diagnosi di Sclerosi Multipla ed alle sue sofferte
ripercussioni nella vita quotidiana dell’autrice. La tempesta emotiva scatenata
da un cambiamento così drastico nella sua esistenza deve aver spinto la
scrittrice ad un profondo movimento interiore tendente a risolvere la necessitÃ
di riorganizzare tutte le sue priorità , i suoi desideri, i suoi bisogni ed i
suoi pensieri. Nulla di meglio, dunque, dell’idea di partire da un guardaroba
disordinato, caotico ed ormai lontano dall’esprimere liberamente ed
orgogliosamente la sua personalità e la sua essenza femminile più intima ed
autentica. Un guardaroba estremamente disorganico, traboccante e ricolmo dei
capi più disparati, infatti, può essere immaginato come un pesantissimo
involucro composto da strati e strati di zavorra, un’immensa ed ingestibile
armatura, del tutto priva di armonia, che nasconde e sovraccarica il corpo,
anziché avvolgerlo con leggerezza, mostrandone le linee e le movenze con classe
ed eleganza. Se lo scopo principale di un look è quello di esprimere la
personalità di chi lo indossa, comunicando al mondo la propria identità più
pura e genuina, è chiaro che un guardaroba esplosivo possa veicolare un
messaggio altrettanto confuso, intricato e decisamente poco sereno.
Le regole del Minimalist Fashion Project sono semplici ma molto lineari e
rigorose e possono trasformarsi in un valido schema da seguire in quanto spunto
per un guardaroba (ed una mente) più libero, spazioso e, di conseguenza, più
leggero e confortevole. Il processo di sfoltimento dei propri capi di
abbigliamento, fino al raggiungimento della magica cifra dei 33 capi ed
accessori totali, dovrebbe avvenire ogni 3 mesi (da qui il nome del progetto
333), in occasione del cambio stagionale, facendo rientrare nel guardaroba
capsula in 33 pezzi non solo gli abiti, ma anche le borse, le scarpe, i
gioielli, i soprabiti ed i piccoli accessori come le sciarpe, i foulard, gli
accessori per capelli, gli occhiali da sole. Sono esclusi dai 33 pezzi i capi
di biancheria intima, i pigiami, i completi sportivi da allenamento e gli
oggetti dall’elevato valore affettivo, come una fede nuziale oppure i gioielli
preziosi ricevuti in dono per le occasioni speciali. Dopo aver scelto i 33
pezzi del nuovo capsule wardrobe, tutti gli altri capi ed accessori dovrebbero
essere sistemati in scatole e contenitori sigillati ed essere posizionati
altrove, lontano dagli occhi (e dal cuore!) per essere, eventualmente,
rivalutati nel corso della stagione successiva.
Sfoltire non significa soffrire
La regola fondamentale del progetto 333 sta nell’imparare a costruire,
anche solo virtualmente, un guardaroba che possa soddisfare tutte le esigenze
quotidiane, dal lavoro al tempo libero, avendo cura di acquistare ulteriori
capi solo a condizione di sostituirli a quelli già presenti nella lista dei 33,
rimpiazzando i pezzi troppo vecchi e consunti con nuovi capi ed accessori in
condizioni migliori. La prima fase di selezione del proprio guardaroba, dunque,
non consiste in una dolorosa, drastica ed eccessivamente violenta eliminazione
dei propri averi, bensì in una selezione consapevole degli oggetti realmente
utili, amati ed apprezzati, così da godere di una nuova modalità , più rapida,
immediata e naturale, di gestione del proprio aspetto e creazione del proprio
look. Scoprire il guadagno, in termini di spazio e di tempo, promesso dal
Project 333 potrebbe rivelarsi, in seguito, una potente spinta a ripetere il
processo anche per le stagioni successive, trasformando l’esperienza del
decluttering in un vero e proprio stile di vita irrinunciabile. Le regole del progetto
devono, insomma, procurare piacere, non dolore o senso di privazione: “love
them or leave them”, scrive l’autrice, “amale oppure abbandonale”. Alla base
del progetto di sfoltimento, tiene infatti a precisare Courtney, non deve
esservi la sofferenza, ma la soddisfazione e l’amore legati ai capi scelti:
bisogna saper apprezzare ed amare ciò che si indossa, ed indossare solo ciò che
procura gioia ed appagamento. Donare ai meno fortunati gli esuberi del proprio
guardaroba, inoltre, può rivelarsi un’ulteriore motivazione per il cambiamento
interiore.
Imparare l'arte della leggerezza
L’aspetto più interessante di questa speciale modalità soft di decluttering
del guardaroba è proprio l’assenza di imposizione aggressiva, tipica di alcuni
celebri format televisivi e dei manuali best sellers incentrati sulla necessitÃ
di gettare via spietatamente tutto ciò che risulti “di troppo”, in barba ai giÃ
complessi progetti di ecosostenibilità nell’ambito dell’industria dell’abbigliamento
e dello smaltimento dei prodotti tessili. Se i famosi programmi tv basati sui
guardaroba disastrosi delle malcapitate di turno, costrette con caustica ironia
a lanciare i propri capi poco alla moda nel gigantesco bidone del “Mai più con…”,
lasciano sempre scappare un sorriso, il Progetto 333 affronta il tema dello
sfoltimento dell’armadio con una delicata moderazione, attraverso una serie di
fasi progressive che, prima ancora dello scopo di svuotare il guardaroba,
prendono in considerazione l’aspetto educativo della selezione. Non si tratta
di gettare via anni di acquisti e di scelte, talvolta impulsive e discutibili
ma pur sempre frutto di dinamiche emotive personalissime, bensì di apprendere
autonomamente, e per gradi, a valutare, distinguere e selezionare i nostri
averi, sospendendo il giudizio su ciò che rimane incerto oppure, nel migliore
dei casi, donandolo a chi ne avrà più bisogno, come una sorta di rinforzo
positivo, riparatorio e gratificante, di un nuovo modo di lasciare andare ciò
che in fondo non è più parte di noi. Quello della selezione graduale del
guardaroba capsula si configura anche come un percorso, lento ma pulsante, di (auto)terapia
dell’anima attraverso l’arte di vivere con poco, anzi, con meno: creare i
propri look (e dunque esprimere la personalità ) mediante una selezione
circoscritta di capi ed accessori può essere l’occasione per scoprire che
possiamo farcela anche senza tutte quelle “stampelle”, vere e proprie protesi
trasformate, negli anni, in feticci privi di funzionalità ma sempre
sovraccarichi di memorie pesanti e di ombre opprimenti. Come quando prepariamo
la valigia per una vacanza, portando con noi esclusivamente ciò di cui
riteniamo di aver davvero bisogno per poter viaggiare con leggerezza e
vitalità , nello stesso modo possiamo tenere da parte le cose che in fondo non
ci lasciano muovere liberamente, per valutare in un secondo momento se la
nostalgia di esse sia stata più forte del desiderio di spiccare il volo con ali
leggere.
BIBLIOGRAFIA:
Be More with Less, il blog di Courtney Carver sul Project 333: https://bemorewithless.com/
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Sfortunatamente, appartengo anche a queste donne. A volte compro qualcosa sotto l'influenza dell'impulso, e poi sta nell'armadio per anni.
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