Test di personalità della Moda Vintage!
La passione per il collezionismo vintage e, più nello specifico, per la moda d’altri tempi presenta certamente
alcune profonde ed intense radici psicologiche ed emotive, oltre che estetiche,
culturali e sociali. Scegliere di indossare e collezionare abiti ed accessori
appartenenti ad altre epoche storiche e correnti culturali può rivelarsi,
infatti, un tentativo simbolico, non sempre consapevole, di immergersi nelle storie delle
nostre antenate, regalando una nuova vita ed una nuova voce ad una vecchia
borsa degli anni ’60, un gioiello degli anni ‘30 oppure ad un abito
confezionato nel secondo dopoguerra, così da rivivere sulla propria pelle un
passato lontano e perduto, recuperandone le sensazioni, l’eleganza e le vicende
personali delle donne che, prima di noi, hanno posseduto, indossato ed amato
uno speciale capo d’abbigliamento. Il collezionismo della moda vintage, ossia
degli abiti, degli accessori e dei monili, ben conservati nel tempo, prodotti a
partire dagli anni ’20 del Novecento e con un’anzianità minima di 20 anni, è un
interesse appassionante che sta ormai conquistando l’intero mondo della moda. Le
case produttrici di haute couture e di prêt-à-porter strizzano regolarmente
l’occhio alle tradizioni sartoriali dei secoli precedenti, riproponendo vecchi modelli e
tendenze d’epoca in chiave moderna e rivisitata, mentre il vasto popolo delle
consumatrici inizia ad assaporare il gusto ed il brivido della caccia alle
preziosità rare ed originali dei decenni passati, tra mercatini dell’usato e
fiere dell’antiquariato e del vintage.
Che il collezionismo vintage sia
o meno una passione che coinvolge il guardaroba ed i look quotidiani, è
innegabile che lo stile di ogni donna sia in ogni caso influenzato dalle
tendenze del passato, in modo più o meno consapevole ed attivo: ad ognuna di
noi, in fondo, brillano gli occhi alla vista di una giacca dalle spalline
imbottite anni ’80, di un paio di maxi occhiali da sole degli anni ’60 o di un
abito a ruota bon ton dalle linee retró anni ’50, e tutte noi mostriamo una
predilezione speciale verso un decennio specifico del Novecento che, in qualche
modo, ci affascina maggiormente e contribuisce al nostro amore per la moda vintage.
Perché tendiamo inconsciamente a scegliere proprio quel decennio storico
in quanto riferimento estetico dei nostri personali canoni di eleganza, stile e
bellezza? Forse la nostra speciale simpatia verso un preciso decennio della
moda è un modo per riavvicinarci ad un passato felice, come quello della nostra
infanzia, oppure un tentativo di scoprire di più le nostre radici profonde,
attraverso la predilezione di abiti ed accessori che ci ricordino le nostre
antenate più care, come le nostre madri e nonne. Anche la conformazione fisica
può rivelarsi, talvolta, una forte motivazione ad indossare prevalentemente
abiti ispirati ad un periodo storico che vedeva l’incarnazione della bellezza
nella donna dalla silhouette simile alla nostra (come il florido fisico
a clessidra negli anni ’50, oppure il fisico longilineo ed un po’ androgino
degli anni ’20).
I decenni della moda del
Novecento, però, non nascondono esclusivamente un’evoluzione estetica, legata
alle forme del corpo ed alla trasformazione dei canoni di bellezza nel tempo,
ma anche e soprattutto alcune profonde implicazioni culturali, sociali e
psicologiche tutte al femminile che, inevitabilmente, hanno influenzato e
plasmato la produzione dei capi d’abbigliamento, gli stili e le tendenze nella
storia. Analizzare la nostra passione verso la moda e lo stile di un certo
decennio o di un circoscritto periodo storico può dunque costituire un
interessante e stimolante spunto di riflessione sulla nostra personalità:
perché ci identifichiamo proprio con i coloratissimi anni ’80, con i femminili
ed aggraziati anni ’50, con i look grintosi e festaioli degli anni ’20 o con la
libertà di espressione degli anni ’70, quando si tratta di personalizzare i
nostri outfit ed allestire il guardaroba? Quali sono i tratti più profondi di
quel periodo storico che, in qualche modo, toccano le nostre corde interiori,
regalandoci sensazioni ed emozioni particolari?
Ecco un breve excursus dei
decenni della moda del Novecento e delle sue evoluzioni, tra vintage e
psicologia, che potrebbe rivelarci qualcosa di insolito sulla nostra
personalità e la nostra identità che emerge attraverso gli abiti e gli
accessori per comunicare al mondo esterno aspetti più profondi ed intimi della
nostra psiche.
I ruggenti anni '20
Si parla degli anni '20 come di
un decennio storico e culturale simbolicamente “ruggente”: proprio come il
potente ruggito di un leone, la voce delle donne iniziava, infatti, a farsi
sentire con tenacia ed ardito coraggio. Si lottava già da anni per il diritto
femminile al voto politico e le donne, da poco sopravvissute alla devastazione
del primo conflitto mondiale, iniziavano a vestirsi e comportarsi proprio come
gli uomini. Sigarette, cocktails, tagli di capelli à la garçonne, completi
femminili in gilet, cravatta e scarponcini da uomo: la popolazione femminile
cercava un riscatto sociale, una rinascita personale contro il sessismo, il
maschilismo e la prevaricazione da parte del genere maschile nella storia, tra look alla
maschietta ed abitini sfrangiati da sfacciate flapper girls. La passione verso
lo stile degli audaci anni ’20 potrebbe dunque celare la voglia di mettersi in
gioco attraverso il bisogno di emancipazione sociale e personale, una rivincita
su un genere maschile deludente, da contrastare e prevaricare con aggressività, oppure, al
contrario, estremamente ammirato ed invidiato, allo scopo di appropriarsi delle
sue caratteristiche e dei suoi privilegi, a partire dal corpo e dai suoi abiti
ed ornamenti. Talvolta persino la figura di un uomo in particolare, un modello
di riferimento che ha fatto parte della nostra vita, può influenzare le nostre
modalità di comunicazione e di relazione, esprimendo una personalità repressa o
arrabbiata mediante un abbigliamento mascolino ed un atteggiamento più attivo e
“sfacciato”, come per far sentire la nostra voce in una società (o in una
piccola cerchia sociale) dalla quale non ci sentiamo abbastanza accolte e
considerate.
Gli anni '30 e la petite robe
noire
Tra la fine degli anni ’20 e
l’inzio del decennio successivo, una svolta epocale nel mondo della moda (con
le sue importanti radici e le sue implicazioni sociali e culturali) avviene con
la nascita del tubino nero, la petite robe noire o little black dress della
stilista Gabrielle Coco Chanel. La nuova sobrietà elegante e senza tempo proposta dallo stile inconfondibile di Chanel rappresentava, all’epoca, una
vera e propria svolta democratica per il mondo della moda: reduci dalla povertà
e dalle devastazioni della guerra, le donne di tutto il mondo avrebbero potuto
finalmente indossare l’abito nero dalle linee basic per uniformare le
differenti estrazioni economiche, ostentando gusto e gran classe al di là della
posizione socio-economica e del prestigio sociale. Moderazione, morigeratezza
ed emancipazione dalle frivolezze e dagli scomodi e disturbanti stereotipi
della moda femminile rappresentavano le parole chiave di una donna nuova,
libera ed indipendente. Scegliere un abbigliamento ispirato alla sobrietà di
questa corrente storica potrebbe, però, esprimere anche valori differenti
rispetto a quelli di libertà ed emancipazione: un look perennemente castigato e
che tende quasi a nascondere la femminilità del corpo può rivelarsi, infatti,
un tentativo di de-sessualizzare e de-erotizzare un corpo inevitabilmente
sessualizzato, celando attributi fisici ed al contempo emozioni estremamente
intense, forse difficili da esprimere e spaventose da riconoscere come parte di
sé, sotto un austero abito scuro grazie al quale “spegnere la luce” sui pensieri
troppo accesi ed ardenti.
Gli anni '40: donne, al lavoro!
Una nuova guerra mondiale devasta
le popolazioni, e con esse anche l’economia, la produzione industriale, il commercio,
la politica e la sua influenza nella vita personale dei cittadini. In Italia,
in particolare, la corrente fascista si impone in modo particolarmente
invasivo, proponendo un modello di donna che, in antitesi con le conquiste
sociali al femminile dei decenni precedenti, deve mostrarsi all’altezza di una
vita familiare impegnatva e soddisfacente, sfornando bambini da un corpo sano,
florido e robusto ed affacciandosi operosamente al mondo del lavoro. Le case
produttrici di moda devono risparmiare al meglio, proponendo abiti dai modelli
semplici e lineari, senza troppi fronzoli, dai tessuti robusti improntati a
praticità, comodità e resistenza. Ma la donna degli anni ’40 sa bene come
reinterpretare tali rinunce e restrizioni in chiave femminile ed elegante,
indossando con stile il classico tailleur sagomato e stretto in vita ispirato
agli abiti militari maschili. Anche questo sembra essere un decennio in cui la
donna decide di alzare la voce, di farsi ascoltare e vedere, imponendosi nel
mondo lavorativo senza rinunciare alla giusta dose di aggraziata femminilità.
Ispirarsi alla moda femminile degli anni ’40 sembra rappresentare, dunque, un
buon compromesso tra audacia al maschile ed eleganza al femminile, per imporre
con grazia la propria autonomia ed il proprio successo, essere prese sul serio
e rispettate.
Gli anni ’50 ed il trionfo della
femminilità
Abiti a ruota, rossetti rossi,
riccioli e boccoli, silhouette morbide e floride: la moda degli anni ’50, in
armonia con gli evoluti canoni culturali di bellezza del tempo, segna la
rivincita di una più frivola ed aggraziata femminilità, finalmente ostentata,
mostrata ed assecondata. Una rinascita dalle ceneri delle guerre mondiali vede
la donna protagonista attiva nella società. La moda, questa volta, non è più
un’imposizione dall’alto della politica né una risposta obbligata alle tristi e
repressive implicazioni storiche e sociali, ma arriva dal basso, dalle nuove
generazioni, giovani e ribelli, che con colori sgargianti, giubbotti in pelle,
blue jeans e look da pin-up desidera riemergere, urlando indipendenza e
desiderio di rinnovamento culturale. Amare la moda degli anni ’50 potrebbe
indicare un buon rapporto con la propria femminilità, una sana vanità oppure,
al contempo, un tentativo inconscio di identificarsi con uno stereotipo femminile
in pieno stile anni ’50 (quello della donna che, con gonna a ruota e perle al
collo, si dimostra un’ottima padrona di casa, madre amorevole e moglie devota,
un vero e proprio angelo del focolare in bigodini e rossetto rosso) con il
quale celare un sentimento di insicurezza e di inadeguatezza, la paura di
affacciarsi attivamente e con energia sul mondo e sulla società, come per
restare per sempre una deliziosa bambolina-bambina, al sicuro nella propria
(fragile) dimensione ovattata, perfetta ed intoccabile. Ricordiamo, però, che a
partire dagli anni ’40 e ’50 le donne hanno fatto passi da gigante nel mondo:
we can do it, anche in tacchi e giro di perle!
Gli anni ’60 ed il femminismo
Il decennio dei ’60 incarna la
nascita di una nuova grinta, ribelle ed irriverente, segnata dal femminismo: la
gonna si accorcia, mostrando impudicamente le gambe nude come simbolo della
propria libertà attraverso il corpo. Si affrontano tematiche delicate, legate
al corpo femminile, come la violenza sulle donne, la contraccezione, l’aborto,
e la moda femminile diventa uno degli strumenti attraverso i quali affermare
con forza la parità dei sessi e la propria autonomia. Il corpo è mio e lo
gestisco come voglio: questo è il grido dei miniabiti optical, della lunga
chioma ribelle e del make up pesante alla Brigitte Bardot, verso la svolta
storica e culturale delle figlie dei fiori. Appassionarsi alla sfrontata moda
del femminismo anni ’60 può significare, in una donna, il desiderio di
affrancarsi da un ruolo sociale granitico e precostituito, verso il quale
avverte forse una certa inadeguatezza: un vissuto di sottomissione sofferta e
di dolorosa prevaricazione subita in passato potrebbe influenzare la scelta del
guardaroba in quanto tentativo inconscio di lottare contro una femminilità
travagliata, che non ha mai sperimentato una serena ed armoniosa
auto-accettazione. Talvolta, un look molto vistoso e sfacciato, estremamente
“femminilizzato”, può indicare una disperata necessità di farsi accettare dall’altro,
come per ricevere un’approvazione necessaria al mantenimento della propria
autostima, un po’ fragile e delicata.
Gli
anni ’70 ed il Flower Power
I
’70 spalancano le porte alla moda del Flower Power: seguendo la scia variopinta
del movimento hippie, l’abbigliamento femminile si tinge di tinte vivaci e di
voglia di sperimentare. Lunghe bluse e tuniche floreali, mantelle in
stile messicano, frange cherokee, jeans a zampa di elefante, accessori realizzati a mano e
gonnelloni multicolor dalle linee orientaleggianti segnano la forte influenza
di etnie lontane e contaminazioni culturali esotiche e sognanti, accompagnando
un’intensa nostalgia verso popolazioni e storie antiche, idealizzate e
mitizzate, per contrastare la borghesia occidentale. Chi ama reinterpretare al giorno d’oggi le tendenze delle figlie dei
fiori, ostentando la forte passione per la moda artigianale, i capi d’abbigliamento
etnici e le influenze culturali più varie, molteplici e multiformi, strizzando
l'occhio alle tendenze gipsy, sembra avere una personalità impegnata in una
costante ricerca, incline alla sperimentazione fantasiosa, come se non avesse
ancora trovato un’identità stabile: la moda diviene un vero e proprio viaggio
simbolico tra tempi e culture differenti, rappresentando così una sorta di
viaggio interiore alla scoperta di sé.
Gli
’80: la moda nostalgica
Una
vasta fetta della popolazione femminile più giovane, tra i 25 ed i 40 anni,
complice anche la nostalgia mediatica verso la cultura pop degli anni ’80,
sembra essere particolarmente affascinata dal decennio più colorato e
simpaticamente trash del Novecento: vecchi blazer multicolor con spalline
imbottite, leggings fluo, bigiotteria vistosa, borchie e giacchine biker in
pelle impreziosite da pins e spillette fumettose, lustrini, paillettes, fasce
per capelli e felpe stampate oversize rappresentano l’icona di un passato
felice e spensierato, quello che per molte donne ha segnato l’infanzia o l’adolescenza,
oggi sepolte sotto un cumulo di responsabilità adulte, cartelline di lavoro e rigidi dress code da ufficio o da pranzo in famiglia. La passione per la moda dei
mitici anni ’80, probabilmente, ha una connotazione affettiva della quale i
decenni precedenti non risentono così tanto: concedersi un capo colorato in linea con
le tendenze degli Eighties è come viaggiare con il pensiero, tornare un po’
indietro nel tempo a quel periodo in cui tutto era beatamente scanzonato, e
forse anche per richiamare alla mente l’abbigliamento di una musa personale
particolarmente cara alle proprie memorie, come una mamma o una zia che, da
bambine, ammiravamo con candido incanto, osservandone gli abiti, le acconciature
vaporose e le lunghe collane.
E tu cosa ne pensi? Qual è il decennio della moda al quale ti senti più legata, e perché pensi di esserne così affascinata? Scrivimi la tua opinione, lascia un commento qui in basso!
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A me piace un tipo di vintage che in realtà non è proprio un vintage. Si tratta di uno stile sul quale in realtà non si trova molto online, per cui se ci volessi dedicare un articolo sarebbe ben accetto. :-) Si tratta di quello che potremmo definire British countryside,fatto soprattutto di tessuti come il tweed, la lana e il velluto a coste, e le scarpe stringate (alte o basse). Non so però se ci sia un modo per adattarlo anche alla bella stagione...
RispondiEliminaSalve. Ho trovato questo articolo davvero molto approfondito e interessante. Ho trovato delle informazioni di cui non ero a conoscenza e ringrazio di cuore per averle condivise. Andrò sicuramente a leggere altri articoli!
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